REPORTAGE GARE PODISTICHE : "Corriroma" 2017

"Corriroma: corsa in una notte di quasi estate" di Ilenia BENNATI.

La Corriroma dello scorso 17 Giugno è stata un vero allenamento. E non perché fosse una gara fatta tanto per corricchiare e senza pensare al tempo. Perché io un po’ al tempo ci ho pensato, soprattutto quando all’inizio del 2° km andavo ancora a 6.20, sopra la mia andatura normale.

Bennati

È stata un allenamento perché per la prima volta ho corso da sola i 10 km di percorso e ho provato molte delle possibili emozioni “provabili”. Non avevo, come nelle altre gare, un runner esperto e paziente a darmi consigli, spronarmi e distrarmi dalle fatiche.

Io e la mia compagna di partenza, Margherita (che belli gli incontri inaspettati!), ci perdiamo a 300 metri dal via, ritrovandoci incastonate in un tetris asfissiante. Caldo. Questa la prima sensazione provata, che mi avrebbe accompagnata per l’intero percorso. E se all’inizio era una questione meramente epidermica, dopo il 1° Km si è trasformata in un vero e proprio stato d’animo: i miei passi, troppo lenti per il poco spazio a disposizione, mi sembravano pesanti e stanchi, anche se non mi sentivo per niente stanca. Dopo vari spintoni (ricevuti) e imprecazioni mentali all’indirizzo di qualche podista scalmanato (non è una gara di slalom e le persone sono fatte di materia solida!), riesco finalmente a sposarmi sull’esterno della strada e allungare leggermente il passo. Aria. Poca ma buona. Anche se non avrei voluto, guardo l’orologio che mi indica 1,8 Km, con un’andatura media di 6,20. Penso: “Porca miseria e quando recupero!”.

Ora, non fraintendiamoci: non è che sia ‘sta velocista o che abbia avuto chissà quali obiettivi da raggiungere. Però il runner corre per sé, corre per amore della corsa e, di conseguenza, corre per correre sempre meglio. E, soprattutto, chiunque (si, anche chi sostiene di non pensare molto al tempo) sa benissimo quale è il suo “meglio”, vuole giustamente raggiungerlo e, se possibile, superarlo. E io quella sera volevo farlo. Anche perché sapevo di poterlo fare per diversi ragioni: 1) Mi sentivo molto molto bene. 2) Le mie gambe erano leggiadre. 3) Si correva di sera, cioè il mio momento preferito. 4) Mi ero allentata dignitosamente 5) Roma è Roma e io amo correre a Roma. 6) Roma è Roma e il percorso dei 10 km non aveva salite importanti (questo ovviamente l’ho scoperto in itinere).

Quindi eccomi al 2°km con un andatura troppo lenta. Così cambio marcia e inizio a divertirmi davvero tanto. Non sento il mio fiato, non sento la fatica e per un lungo tratto (che scoprirò essere di circa 4 km) corro benissimo. Benissimo per me ovviamente. Mi godo gli scorci di una Roma arancione, calda e opulenta. Batto il cinque a tutti i bambini che durante il percorso incitano i partecipanti e, come si dice da queste parti “me la spasso alla grande”. Al 6° chilometro guardo di nuovo l’orologio e mi sorprendo nel vedere a che punto sono. Sensazione strana e mai provata prima: in genere il quadrante del Tom Tom mi sembra ingrato, mentre questa sera mi regala chilometri. Forte delle sensazione bellissima, accelero ancora un po’, forse esagerando. Semaforo arancione: siamo all’8° chilometro cara Jlenia. Il peggiore. Le mie gambe sono le prime ad accorgersene, seguono le braccia e arriva la testa. Rallentare.

Mancano ancora due chilometri e non ho proprio la minima intenzione di sprecare tutto il lavoro fatto e rovinarmi una serata bellissima. Quindi mi metto l’anima in pace e rallento fin quando non riprendo a respirare più lentamente. Le gambe ringraziano e mi portano serena al 9° chilometro. Ormai è fatta, mi dico. E visto che l’Obelisco di Piazza del Popolo è laggiù, il mio cervello dice al resto del corpo che è ora di muoversi. Maledicendomi ben presto, cambio ritmo e corro verso il traguardo senza avere più idea di tempi e andature, ma già felice per il risultato. Mentre arrivo e guardo il tempo sento la voce (benedetta!) dello speaker: “ Altri runners sotto i 5’ ”. Il tabellone segna 49 e qualcosa. Mi sono raggiunta e superata. “È andata molto bene” mi dico. Un “molto bene” relativo, personale e perciò bellissimo.

Ilenia BENNATI