REPORTAGE GARE PODISTICHE : 18esima edizione della "Race for the cure" 2017 |
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"La prima, la più importante" di ILENIA BENNATI. Non sempre si riesce a dare una risposta spontanea alla domanda “Perché hai iniziato a correre?” Ed effettivamente fino a circa 5 giorni fa, sarei rimasta con la bocca mezza aperta e lo sguardo aggrottato, cercando velocemente una motivazione abbastanza gagliarda. Senza trovarla.![]() Perché fino a 5 giorni fa, non avevo ancora partecipato alla mia prima gara da runner, ovvero alla 18° edizione della Race for The Cure di Roma (5 Km). Senza ancora sapere cosa mi spingesse nella costante pratica della corsa a piedi, sapevo già, sin da quando ho mosso il primo passo dei mie primi 500, dolorosissimi , metri, che se mai avessi partecipato ad una competizione, la prima sarebbe stata proprio la Race. Non me lo sono imposta, credo di averlo solo e sempre saputo.
![]() Già dalla metropolitana, vedere uomini, donne, giovani e bambini con indosso la maglia della Race ha iniziato a scaldarmi il groppo in gola e lucidarmi gli occhi. La mia mamma no, lei è sempre prima di tutto allegra, poi casomai si commuove, ma nel frattempo ride lo stesso. Il babbo se la cava solo grazie agli occhiali fotocromatici. ![]() Vi risparmio i dettagli del tragitto fino alla partenza, l’impatto straordinario con la marea di persone al Circo Massimo, la mia adrenalina nel vedere altri atleti competitivi, i saluti con i genitori, gli “imbocca al lupo”, i “dai che se la faccio in 30 minuti sono felice”! Allora vado alla cieca e mi ritrovo nel posto giusto, aprono i tornelli e sono persa tra atleti che si scaldano. Lo faccio anch’io, corro e saltello fino a quando non vedo delle belle canotte gialle “Sempre Di Corsa Team”. Corro incontro ai miei compagni di squadra che incontro per la prima volta. Luisa, gentilissima, mi sorride, tranquillizza e mi fa spazio vicino a lei per partire insieme. Sono felice. Ho molta sete e sono felice. Non posso bere perché non c’è tempo, ma posso essere felice. Davanti a me 3 file di corridori, dietro l’infinità di pettorine (Scoprirò solo nel pomeriggio che i competitivi erano circa 1.200) ![]() La speaker parla, parte l’inno d’Italia (botta di adrenalina a 1000), countdown e via. Si inizia a correre. ![]() Non ho la più pallida idea di quale sia la mia strategia di gara, avrei dovuta averne una? Mentre iniziano a sfrecciarmi tutto intorno persone molto più veloci di me, vivo un momento di confusione, le gambe si appesantiscono e il fiato non si spezza. Guardo l’orologio che dice 600 mt. Mi prende un colpo. Mi sento come se avessi corso per 10 km!
![]() Io ho il mio groppo in gola, il babbo gli occhiali fotocromatici e la mamma il suo solito sorriso. ![]() E mentre mi guardo da fuori e metto in tasca tutta la bellezza del momento mi viene in mente una frase di Murakami nel suo breve romanzo L’arte di Correre: ![]() “Se ci restano anche solo dieci anni di vita, è di gran lunga preferibile viverli intensamente, perseguendo uno scopo, che non lasciarli trascorrere con indifferenza, e io sono convinto che a questo fine la corsa a piedi sia di grande utilità”. ![]() Anche io lo sono adesso caro Murakami. Dopo due anni e, guarda caso, proprio durante la Race for the Cure, ho capito perché ho iniziato a correre. ![]() |
Ilenia BENNATI
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