REPORTAGE GARE PODISTICHE :

"PALESTRINA ARCHEOLOGICA 2017 - “I Don't Want to Miss a Thing”"
“Dai su, riportace ‘sto prosciutto domani”. Rido di gusto all’augurio di Sandro, il coach che pazientemente e con straordinaria energia segue me e altri runners per gli allenamenti settimanali.

Il sabato mattina, in un tardo risveglio (è pur sempre sabato) l’idea del prosciutto, come è giusto che sia, non mi sfiora neanche. Sarà che ho voglio di caffè, piuttosto. Così, mentre prendo coscienza del mio corpo e del mio stato di veglia, mi pongo un obiettivo per la gara della sera, o meglio una speranza: vorrei correre i 9 km sotto i 43 minuti. Non conosco il percorso ma Palestrina di certo non è pianeggiante, quindi per me sarebbe un gran bel risultato.

L’obiettivo sembra, per qualche istante, sfumare ben prima della partenza: sbaglio strada, distratta dalla musica di Radio Capital e da sogni di gloria podistici (dai su, niente vergogna: quale runner non sogna di tagliare il traguardo in slow motion con qualcosa tipo I Don't Want to Miss a Thing degli Aerosmith” in sottofondo?). Allungo disumanamente il tragitto (modesto) che mi separa da Palestrina e mi esercito nella corsa al parcheggio. Lo trovo, sono salva. Ma lontanissimo. Allora utilizzo la grande dote ereditata da mia mamma, la camminata-fulmine. Non sapendo in quale direzione andare, inizio ad inseguire i runners che si scaldano e infine (sono almeno 2 km) arrivo dai mie compagni di gara che mi aspettano: Daniele, Maria e Alexio. In fondo non ho fatto tardissimo, abbiamo addirittura il tempo di un breve riscaldamento. Saggiamo così il percorso che si preannuncia impegnativo. Sali/scendi, dove i “sali” sono piuttosto tosti. Tempo di mezzo allungo e si parte. Sorriso complice con Maria, cuffiette pronte e via. Il primo dei 4 giri da circa 2.250 metri ha inizio.

Si parte in discesa, dove sono abbastanza inguardabile e dopo un bel tratto pianeggiante una doppia S in salita ti fa ricordare il concetto di “spezzare il fiato”. L’affronto bene e senza esagerare, aspetto che la pendenza scenda un pochino per allungare di nuovo e sbam! un’altra bella salita con curva mi si para davanti. Bene – penso - quanto possono essere lunghe le salite a Palestrina? Abbastanza a quanto pare, perché si fa sentire. Tempo di iniziare il solito tram-tram di pensieri da sforzo (Perché?; Non gareggio più!; Ogni volta così?), che la stanchezza svanisce con la salita e con l’arrivo del ristoro. Acqua in faccia (e nell’occhio con lente a contatto. No, nelle foto non sto facendo l’occhiolino), si entra nel centro storico con terreno in sampietrini, ma quasi totalmente pianeggiate. Mi sento molto bene.

Quindi una volta terminato il secondo giro decido di aumentare il ritmo. Corro meglio anche in discesa, vado bene nella curva a doppia S e a 500 metri circa vedo il mio obiettivo: una ragazza con un bel passo davanti a me. Devo arrivare con lei, o poco dopo, o poco prima. Ovviamente non è lei il mio vero obiettivo: non la conosco e non vedo perché mai dovrei incaponirmi nel raggiungerla o superarla. Ma in quel momento rappresenta la “me” da raggiungere.

Continuo tranquilla, le sensazioni positive mi danno fiducia, l’acqua del ristoro (ancora nell’occhio) fa il resto. Al terzo giro, dopo la doppia S, ecco la mia me. E’ lì, a nemmeno 10 metri. Al secondo salitone la/mi supero senza troppa fatica. Ristoro, acqua (ho imparato questa volta), centro storico e si inizia il 4° giro. Mi sento stranamente bene e continuo serena con il mio passo, rendendomi conto di aver condotto una bella gara. E, magia, prima della solita salita le cuffie mi mostrano tutto il loro valore.

Parte I Don't Want to Miss a Thing. Le endorfine, il cervello, le gambe e il fiato mi dicono di spingere ancora po’, così allungo nell’ultimo tratto di salita e vivo felice e spensierata l’ultimo tratto pianeggiante. A circa 150 metri dal traguardo, non allungo come faccio solitamente: voglio godermi l’arrivo, senza la solita stanchezza e il cuore in gola. Mentre pregusto un arrivo con il sottofondo musicale perfetto, i miei timpani, oltre la voce di Steven Tyler intercettano un passo veloce. Appena il tempo di muovere gli occhi ed eccola: l’altra me mi sfreccia davanti. Provo una cosa simile a uno scatto ma lei è velocissima e siamo al traguardo. La mia altra me, superata in salita (la storia si ripete, si veda Mentana by night), mi ha letteralmente bruciata. A questo punto avrei anche potuto prendermela un po’, bofonchiarmi qualcosa e”sporcare” il ricordo di una bellissima gara. Ma, fortunatamente, il mio orologio segna 42’.28’’ e, gran bella sorpresa, scopro di essere terza di categoria con davanti solamente le prime assolute: quindi me tocca pure ‘sto prosciutto.

Ma soprattutto, ripensando alla gara,mi risuona ancora nella testa “I Don't Want to Miss a Thing”.

Ps. Un ringraziamento speciale a Daniele e ad Alexio, senza i quali il prosciutto non sarebbe mai arrivato alla mia macchina parcheggiata a 2 km di distanza. E un altro a Maria, perché correre e poi prendere una birra con lei è sempre bello!

BENNATI JLENIA